In estate, della pianta dei carciofi, rimane solo un arbustello secco, che va tagliato. In autunno, cominciano a rispuntare le nuove piante da sotto terra. Da fine gennaio, fino agli inizi di marzo, le piante di carciofi cacciano i primi germogli: ecco cosa sono i famosi cardun.
Per avere bei carciofi a primavera inoltrata, c’è un’operazione importante da fare: a piant s’adda scardunià. Tutti i nuovi germogli (i cardun) vanno tolti in due modi: o si tagliano e si cucinano, o si sradicano e si trapiantano per dare origine a nuove piante.
Per mangiare i cardun, bisogna quindi trovarsi a Procida tra fine gennaio e inizio marzo. Quando abitavamo nel cuore dell’isola, in un condominio con un grande cortile antistante, i miei facevano la spola con Solchiaro per coltivare e raccogliere le verdure di stagione.
Nei miei ricordi di bambina, il condominio, il cortile, le scale esterne, erano sia fonti di gioie che di insidie. Una parte di me era contentissima quando ad esempio mia madre mi mandava dalla vicina del piano di sopra – noi eravamo a piano terra – a prendere sale o prezzemolo. Ma l’altra parte di me bambina era terrorizzata alla vista delle galline nel pollaio sotto la rampa di scale, nel pezzo di terra della vicina corriera. Salivo 4 gradini, osservavo circospetta il pollaio, tendevo l’orecchio al minimo coccodè sopra le righe. Per ogni sbattere d’ali un po’ più rumoroso sussultavo e facevo marcia indietro di corsa, fino ad arrivare nella cucina di mia madre. “Allor, si gghiut ncopp? T’e fatt ra a prutusin?”* investigava lei vedendomi tornare a mani vuote “Proprio non posso, la gallina mi guarda…” cercavo di giustificarmi io…
Il cortile, invece, era soprattutto scenario di partite di pallone e giocate a nascondino tra bambini. Anche lì, però, c’era qualcosa – o meglio qualcuno – da temere. Se tra un tiro e l’altro il supersantos arancione o il pallone di cuoio di turno volava oltre il muro bianco dietro le macchine parcheggiate a destra del cancello dell’ingresso principale del cortile, tra tutti i bambini scendeva all’improvviso il silenzio. Ci guardavamo intimoriti. Era quasi sicuro che dopo qualche secondo, soprattutto se un rumore r lastr ciacchet** aveva seguito il tiro del pallone, sarebbe spuntata da dietro al muro bianco lei, la vicina ri pallun. “Bast, mo vu buc ‘stu pallon!”*** Spesso, la minaccia era seguita anche dall’azione. Proprio a questa figura è legata la ricetta della pizz r cardun. Fuori dalle situazioni estreme di “mo s ciaccn i lastr”**** la vicina dei palloni era adorabile e grande esperta di cucina e verdure della Procida più antica.
Una volta, capitò che mia madre stesse rientrando da Solchiaro. Parcheggiata l’automobile in cortile, a vicin ri pallun, vedendola imbracciare un bel fascio di cardoni, le si avvicinò e le chiese “comm so’ bell ‘sti cardun, mo comm li a cucenà?”***** Mamma citò la pizza solita molto apprezzata da mio padre, con l’aggiunta di pochi, semplici ingredienti. La vicina ascoltò interessata, poi consigliò a mia madre la sua versione, dandole anche una preziosissima dritta per togliere l’amarognolo ‘ri cardun e anche per farli venire più asciutti, in modo da rendere la pizza più compatta. Vediamo la ricca versione della pizz r cardun della vicina.
Ingredienti per 4 persone
Per l’impasto della pizza, guardare la ricetta precedente, della pizza tunz, scarole, bietola e rapucciedd.
Per il ripieno
- Un fascio di cardoni
- 2 uova
- 3 fettine di salame di tipo Mugnano da tagliare a cubetti
- Una fetta di provola da tagliare a pezzetti (se si ha un altro formaggio, va bene)
- Una manciata di parmigiano grattugiato
- Una manciata di prezzemolo tritato
- Pepe q.b
- Sale q.b
Procedimento
Per l’impasto, eseguire gli stessi passi della ricetta precedente, della pizza di scarole, tunzi, bietola e rapucciedd.
Per il ripieno, innanzitutto pulire i cardoni, togliendo tutti i filamenti. Tagliarli grossolanamente, lavarli e farli bollire in abbondante acqua per 5-6 minuti (da quando l’acqua avrà iniziato a bollire). Scolarli e buttare via la prima acqua. Mettere acqua fresca nella stessa pentola e rimettere i cardoni sul fuoco. Farli cuocere questa volta per 10 minuti una volta che l’acqua avrà raggiunto l’ebollizione. Aggiungere un po’di sale. Quando i cardoni sono cotti, scolarli e metterli ad asciugare su un panno da cucina per un’oretta.
Terminata questa operazione, tagliarli a pezzettini. In una ciotola cominciare a sbattere le uova, aggiungendo un po’ di pepe e il parmigiano. Immergere i cardoni nelle uova sbattute, aggiungere il salame a cubetti e la provola a pezzetti e amalgamare il tutto.
Con l’impasto ottenuto per la pizza, formare due pettole. Disporne una su una padella unta di olio EVO e adagiarvi il ripieno distribuendolo in modo uniforme su tutta la superficie.
Coprire il ripieno con l’atra pettola e mettere la pizza a cuocere lentamente sul fuoco. La pizza si deve dorare su ambo i lati. Calcolare una decina di minuti per lato. Dopo i primi dieci minuti, verificare se la pizza si è dorata su un lato, aiutandosi con un coperchio o un piatto che copra tutta la padella. Se la doratura è buona, si può girare la pizza, sempre servendosi del coperchio o del piatto. Quando la pizza è cotta, toglierla dal fuoco, disporla in un piatto e asciugarla con carta assorbente. Farla intiepidire per poterla tagliare facilmente e servirla.
“Allor, si gghiut ncopp? T’e fatt ra a prutusin?”*: Allora, sei andata su dalla vicina? Ti sei fatta dare il prezzemolo?
r lastr ciacchet**: di vetri rotti.
“Bast, mo vu buc ‘stu pallon!”***: basta, adesso ve lo buco questo pallone!
“mo s ciaccn i lastr”****: adesso si rompono i vetri.
“comm so’ bell ‘sti cardun, mo comm li a cucenà?”*****: come sono belli questi cardoni, ora come devi cucinarli?