Chi dice “A col r stocc e a stacca r’egghie”* non attacca una filastrocca procidana… ma cita 2 ingredienti fondamentali per la ricetta di oggi: la coda di stoccafisso bollita con patate.
Questo piatto, in passato, era la colazione dei braccianti negli orti a Procida. Quando erano previste giornate di lavori importanti nei campi, contadini ed aiutanti si mettevano all’opera prima ancora della luce dell’alba e a inizio mattinata avevano già un appetito da leoni. Le donne di casa consacravano tempo a preparare una ricca colazione ed erano obbligate a levatacce per mettere mano alle fornacelle e cucinare a col r stocc da servire agli uomini nell’orto. Grande dispendio di energie, quindi, senza contare il tempo che le massaie avevano impiegato nella fase di preparazione pre-cottura delle code che durava minimo tre giorni… una Pasqua di resurrezione praticamente…
Va ricordato, poi, che a quei tempi non c’era ancora neanche il pibigas, quindi, le donne erano davvero eroiche ad alzarsi col buio pesto per accendere il fuoco e preparare le code di stocco. Ricordo un aneddoto emblematico del cambio di epoca – del passaggio dal focolare al pibigas – raccontatomi da mio padre: nella seconda metà degli anni ‘50, proprio quando il fornello a gas venne inventato e cominciò a essere in voga, una signora si faceva accompagnare spesso dalla fidanzata del figlio nell’orto a raccogliere le fascine per il focolare e l’erba per l’asino. La madre della giovane, seccata dalle ripetute sollecitazioni della consuocera che le “rubava” continuamente sua figlia, impedendole anche di aiutare la madre in casa, un giorno mise in guardia la donna, venuta a chiamare per l’ennesima volta la fidanzata del figlio per andare nell’orto. La madre della ragazza ammonì la consuocera con testuali parole: “Sient, tu ia scomb cu ste’ fascin, cu st’erv e cu stu ciucc… Mo’ i giuvn a r ‘nnammurat ci’anna ra’ radio e bibigas!!”** . La donna accompagnò il rimprovero enumerando con le dita i due elementi necessari per la conquista delle fanciulle moderne e agitando energicamente il braccio nell’aria.
Ma torniamo alle col r stocc…. Come arrivavano a Procida? Chi ce le portava? Dove si compravano?
All’epoca, il lavoro sull’isola scarseggiava e alcune persone, per sbarcare il lunario, si inventarono un’attività di corrieri che diede vita a un vero e proprio traffico di cole di stocc. Proviamo a osservare nel dettaglio le tappe di questo commercio: i trasportatori di stoccafisso raccoglievano per lo più sacchi vuoti nelle botteghe isolane e li portavano a Napoli per venderli. I sacchi erano venduti ai commercianti della terraferma senza essere riempiti e col ricavato venivano comprate le code di stoccafisso.
Ottenuta la merce, si tornava sull’isola e si dava il via a una sorta di contrabbando: i corrieri ricevevano a casa gli acquirenti, diventando veri e propri spacciatori di code di stocco. La più emblematica di questi spacciatori di altri tempi era una donna di origini napoletane, conosciuta all’epoca sull’isola come “la saccara”, nomignolo dovuto per l’appunto alla professione legata alla raccolta e vendita dei sacchi. Chi aveva bisogno di un paio di code di stocco pe’ d’uommn ca venevn a zappà mmiez a dd’uort***, poteva quindi recarsi direttamente dalla saccara per comprarle, in una casa al piano terra, situata in via Rivoli.
A quei tempi, anche chi possedeva un locale scadente o un bugigattolo poco abitabile, lo adibiva a negozietto di pesce stocco al dettaglio.
Le code, più piccole erano, più erano richieste: i venditori di stoccafisso dovevano tagliarle dall’intero pesce e se questo era di qualità, si propendeva a tagliare parti più piccole, per cedere minor quantità di ghiotti bocconi. Di conseguenza, le code piccole erano di qualità superiore.
Nei miei ricordi di bambina degli anni 80’, l’approvvigionamento di coda di stocco era legato sempre a una donna (‘a stuccaiola’) che vendeva il prelibato pesce essiccato in un negozietto situato sulla salita che porta da San Leonardo a Sammarezio. Da piccola non sopportavo l’odore dello stoccafisso, anche se il suono delle parole “col r stocc” mi ha sempre divertita. Diciamo che mi sono decisa ad assaggiare questo piatto solo in età adulta. I bambini non sanno cosa perdono a volte…
Come preparare le code di stocco?
Preparazione
Con una forbice robusta (tipo forbice da giardino o “fruovec r put”****) tagliare le estremità della coda.
Poi, a col r stocc, s’adda spestà***** : si prende un martello, si posa la coda su un piano duro (una roccia, ad esempio) e si comincia a batterla ripetutamente, ma per breve tempo.
Si deve colpire tutta la superficie in modo da renderla più morbida al momento della spugnatura.
Metterla a bagno, coprendola interamente con l’acqua. Cambiare l’acqua due volte al giorno. Dopo tre giorni la coda è pronta per essere cucinata.
Ingredienti per 4 persone
- 4 code di pesce stocco
- 1 kg di patate
- 4 pomodorini del piennolo
- 2 foglie d’aglio (stacca r’egghie)
- Sale q.b
- Olio EVO da mettere a crudo (un cucchiaio a testa)
- Peperoncino se gradito
Procedimento
Tagliare le patate a pezzi irregolari. Mettere a bollire tutti gli ingredienti (tranne l’olio e l’aglio) in una pentola alta.
Lasciare cuocere orientativamente per una mezz’oretta. A un certo punto, controllare la cottura conficcando la forchetta in una patata per vedere se è morbida al punto giusto (s’adda appizzà na patan cu a furchett). A cottura ultimata, trasferire il tutto in una zuppiera capiente, facendo attenzione a conservare anche una parte di acqua di cottura. Condire con l’olio e con l’aglio (se gradito, aggiungere anche un po’ di peperoncino).
Ricostruzione dell’atmosfera di un tempo: Legare la zuppiera in uno strofinaccio e portarla nell’orto dai braccianti agricoli camminando a passo lesto per non farla raffreddare.
*“A col r stocc e a stacca r’egghie”: la coda di pesce stocco e la foglia d’aglio
**“Sient, tu ia scomb cu ste’ fascin, cu st’erv e cu stu ciucc… Mo’ i giuvn a r nnammurat ci’anna ra’ radio e bibigas!!”: Senti, tu la devi smettere con queste fascine, con quest’erba e con quest’asino… Adesso i giovani alle findanzate devono dare radio e pibigas!!
***pe’ d’uommn ca venevn a zappà mmiez a dd’uort: Per gli uomini che venivano a zappare l’orto.
****Fruovec r put”: Forbice per potare.
****S’adda spestà: non è una traduzione letterale, ma la coda va colpita ripetutamente con un martello.