Ogni tanto c’è un bambino per casa. È appassionato di calamari: quando arrivano dalla pescheria ci gioca, poi li mangia. Fritti sono il suo piatto preferito. “Tac” per lui vuol dire anche “sì”, “tak”* per l’esattezza. Quando aveva pochissimi anni e ti vedeva che era tanto che non ti aveva vista, ti sorrideva da dietro al ciucciotto… Ti scrutava prima da lontano, poi piano piano, tic tic tic, coi piedini sul pavimento, ti veniva sempre più vicino e si aprivano i giochi, con Giggino la giraffa, Dodò, Monica la foca, Anello la tartaruga e tutta la compagnia. Prima, così piccolo, quasi non parlava. Adesso, invece, dice sì, oui, tak e sta pure imparando a dire yes. Dice che in procidano sa dire “comm amma fa”** e -udite udite- ha imparato a cantare “Io mammet e tu”. Il bambino ogni tanto gira per casa ed è un grande estimatore di calamari.
C’erano una volta una nonna e altri bambini. Tic-tac, avanzano lenti nel corridoio opaco della memoria. Tic-tic, si staccano le foglie in autunno e affiorano i calamari. A nonn si faceva sedere i bimbi sui piedi e partiva un cavalluccio infantile al suono di “tac tac u calamar, a maronn mmiez o mare”.… tac tac u calamar e poi faccio fatica a ripescare ricordi precisi, la voce nitida della nonna, il resto della filastrocca..
Arriva l’autunno, piano piano entra l’inverno. Questo è il periodo di calamari.
Quando mio padre era imbarcato, in autunni passati, mia madre chiammav dd’uommen a zappà*** a Solchiaro. Erano uno zio e un cugino di papà: i ruie Filucc****. Mettevn men a matin ampress*****. Mia mamma accompagnava a scuola me e mio fratello, poi andava a portare a marenn***** ai Filucci: pummarol, n po’ r tunn, n po’ r furmagg****** e pane.
Tornando a casa, si fermava For o puzz*******, dove c’era un vecchietto con un secchio contenente il pescato della notte. L’uomo ra nott iev a calamar******** e la mattina li vendeva a Piazza posta. Mia madre poteva così comprare calamari freschissimi. Tornava a casa, li ‘mbuttunava*********, li cucinava, e li portava a Solchiaro. Arrivata lì, cuoceva la pasta per il pranzo da servire ai ruie Filucc. Zi’ Filucc in special modo apprezzava molto gli spaghetti col sugo di calamaro ‘mbuttunet.
I calamari mi fanno ricordare anche papà, che li pescava a bordo. Quando eravamo con lui sulla nave, era bello vederlo dire ai colleghi “vado a buttare una lenza dall’oblò della cabina, accussì c mangiamm nu bellu calamar”**********. Detto-fatto. Mio padre buttava la lenza, pescava i calamari e li portava al cuoco per farglieli preparare e servire all’equipaggio e alle famiglie in visita: in umido, fritti, mbuttunet, ncopp e spaghett, i calamari erano la gioia di tutta la ciurma.
A Procida e sicuramente in altri luoghi di mare, il calamaro fa capolino in espressioni tanto buffe quanto poetiche. “Ma c’r’è stanott si gghiut a calamar?”*********** si dice a qualcuno che si mostra immotivatamente assonnato di giorno. “Chir m par proprio nu calamar”************ è il commento rivolto a chi si mostra apatico o poco sveglio.
Tac tac u calamar è un inno delle nonne di Procida, il ritmo delle notti insonni di pesca, di quando il mare di ottobre ogni tanto si fa liscio come l’olio e il vento accarezza i cappelli di lana. È lo scandire del tempo, il suono della pazienza dei pescatori di calamari e di ricordi.
C’è di sicuro un bambino in giro per tutte le case, cappelli di lana appesi vicino alla porta e versi che sanno di mari e madonne da tramandare.
Ingredienti per 4 persone
- 2 calamari di media grandezza (250 g l’uno)
- Olio EVO, il fondo di una padella
- 4 stuzzicadenti per la chiusura
- Mezzo bicchiere di vino bianco
- Uno spicchietto d’aglio
Per il sugo
- 600 g di pomodorini oppure 1 litro di passata
- Sale, pepe e basilico q.b.
- Olio EVO, un cucchiaio a testa
Per il ripieno
- Un uovo
- La mollica di due fettine di pane cafone
- I ciern (tentacoli) ru calamar
- Un ciuffetto di prezzemolo
- Tre fettine di salame paesano (tipo di Mugnano) tagliate a dadini
- Una manciata di pepe
Procedimento
Pulire e lavare i calamari: si devono togliere gli occhi, la bocca, l’osso trasparente al centro e il sacchetto contenente il nero all’interno. Asciugarli per bene. In una padella, far soffriggere metà dei tentacoli in un fondo d’olio caldo (questa operazione deve durare 3 o 4 minuti). Tagliuzzarli e metterli da parte, serviranno per il ripieno. Mettere da parte anche la padella con l’olio, dove si farà rosolare il calamaro.
Preparare la base del sugo se con i pomodori, farli scottare con un fondo d’acqua per farli ammorbidire per 20-30 minuti a fuoco lento, quindi passarli col passapomodoro. Metter la passata sul fuoco al minimo dopo aver aggiunto 1 cucchiaio di olio EVO a testa. Far cuocere questa base per il sugo per una quindicina di minuti.
Sbattere un uovo in una ciotolina e immergervi la mollica di pane, il prezzemolo, il salame, i tentacoli fritti.
Aggiungere pepe e poco sale. Amalgamare il tutto.
A questo punto i calamar s ponn ‘mbuttunà: prendere la farcitura e riempirli, ma non fino all’orlo, in modo da poterli chiudere facilmente con 2 stuzzicadenti.
Far rosolare i calamari e l’altra metà dei tentacoli nella padella con l’olio usato per per la prima parte dei tentacoli. I calamari devono diventare un po’ dorati.
Finita questa operazione, sarpà i calamar e i ciern ra rent a tiedd************* e immergerli rent a na pignat. Aggiungere 4 cucchiai di olio EVO e uno spicchietto d’aglio, accendere e sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco. Versare i pomodori passati o la passata sui calamari (base per il sugo preparata prima). Lasciar cuocere il tutto a fuoco lento per 20-30 minuti, fino a quando il sugo non si è addensato per bene.
Quando i calamari sono cotti, disporli su un piatto da portata e tagliarli a fette da guarnire con un po’ di sugo. Con il sugo e i tentacoli si possono condire gli spaghetti per fare un primo piatto sapurit, sapurit.
Riporto due versioni della filastrocca procidana “Tac tac u calamar” proposte da due signore procidane su Wikitesti.com
(Assunta Capodanno – Chiaiolella) Tac tac ‘o calamaro la Maronna ‘mmiez’ ‘o mare Gesù Cristo a lu puntòne ch’asciuttava lli fasciatòre dlin dlin ‘o campanielèllo s’è scetato ‘o Mamminièddo mamma mà nu poco re pane figlio figlio nen ce nn’èe mò passa Sèn Giusèppe t’accattàmmo la pagnottèllae mò passa Sen Giuvànno piglia lu libbro e va cantànnova cantanno cu la viòla e lu mastro va a la scòlae la scola principèssa e cu quatto cavallèssee qu quatto marteddùcce vola vola cavalluccio. seconda Versione (Lucia Esposito – Chiaiolella ) Tac tac ‘o calamaro la Maronna’ mmiez’ a lu mare Giesù Cristo a lu puntòne che spanneva lli moccatòre Dlin dlin lu campanièllo s’è scetèto lu mamminièddo E vuleva nu poco re pane e la mamma nen ne tenèva E mò vene Sèn Giuseppe e te porta nu turnusièllo Accattammo nu pagnuttièllo vola vola palummièllo |
“tak”*: in polacco, lingua parlata da mio nipote, significa sì
“comm amma fa”**: come dobbiamo fare?
chiammav dd’uommen a zappà***: ingaggiava contadini per zappare la terra.
i ruie Filucc****: i due Filucci, i due Raffaele. Filuccio, a Procida, è diminutivo piuttosto arcaico di Raffaele.
Mettevn men a matin ampress*****: iniziavano a lavorare la mattina presto.
marenn*****: colazione. Marenna in procidano vuol dire sia colazione, ma piuttosto inteso come spuntino mattutino, che cena (espressione che usava spesso mio padre “Muser c’amma fa marenn: stasera cosa ceniamo”.
pummarol, n po’ r tunn, n po’ r furmagg******: pomodori, un po’ di tonno, un po’ di formaggio.
For o puzz*******: “a piazza posta” ho già evocato questo luogo in un altro post, dedicato allo zuccotto.
ra nott iev a calamar********: di notte andava a pesca di calamari.
‘mbuttunava*********: li imbottiva.
accussì c mangiamm nu bellu calamar”**********: così mangiamo un bel calamaro.
“Ma c’r’è stanott si gghiut a calamar?”***********: Ma cosa c’è, stanotte sei andato a pesca di calamari?
“Chir m par proprio nu calamar”************: quello lì mi sembra proprio un calamaro.
Sarpà i calamar e i ciern ra rent a tiedd*************: prelevare i calamari e i tentacoli dalla padella.