Da Procida a Sarzana: alla scoperta del Viandante con Emilia Di Meglio, cuoc@ nostrom@ di dicembre

Emilia e suo marito Egidio gestiscono il ristorante il Viandante, eccellenza procidana nel cuore di Sarzana (SP), cittadina ligure della Lunigiana, sul confine tra Liguria e Toscana. Di seguito troverete la piacevole chiacchierata con lei, cuoc@ nostrom@ di dicembre, sulla sua passione per la cucina e sul bellissimo locale che ne è scaturito, recensito tra l’altro sulla guida “Osterie d’Italia 2021”, disponibile in libreria già dallo scorso 18 novembre. La ringrazio molto per avermi raccontato la bella storia del suo percorso e di quello del Viandante.   

Cucenellista: Quando hai deciso di cambiare mestiere e di dedicarti completamente alla cucina? 

Emilia: Diciamo che la mia non è mai stata una decisione presa da me proprio… Sono stati gli eventi che me lo hanno fatto fare. Quando ho aperto il primo ristorante, a inizio anni 2000-2002, è stato per puro caso: avevamo appena comprato questa casa, che era molto grande, aveva molti spazi. Tutt’ora ho una taverna con la cucina, il camino, il forno a legna e praticamente tutti gli amici di Egidio avevano casa mia come riferimento e una sera sì e una sera anche, avevo gente a cena. Dal niente. E quindi improvvisavo a cucinare per 10-15 persone così. Qualcuno mi portava del pesce, lo preparavo. Qualcuno mi portava i funghi, preparavo. Quindi ero sempre a cucinare per ‘sta gente. E poi “ma perché non apri un ristorante? Ma perché non lo fai?” Poi capitò l’occasione: c’era un piccolo ristorantino giù a Fezzano* e l’abbiamo preso. E lì è andata benissimo, proprio bene, bene, bene. Poi l’ho dovuto mollare per altre ragioni, che riguardavano il lavoro di Egidio e quindi è andata così. 

E poi da lì ho smesso, dopo 4 anni. Ho smesso e ho fatto tutt’altro… Mi sono messa a fare l’Operatrice Socio Sanitaria, lavoravo in una casa di riposo, avevo i miei turni, le mie ferie e non pensavo più né alla cucina né al ristorante. Sì, cucinavo sempre, portavo i dolci al lavoro “ma come so’ buoni” “come ci sembra che li fai tu” “anche se tu fai un panino, ha un sapore diverso”… Le solite cose.

Poi, gli anni sono andati avanti, Egidio navigava sempre, continuava a navigare… Il tempo che stava a casa era pochissimo. Dopo un anno in cui a casa restava sì e no 15 giorni perché come arrivava lo richiamavano a bordo e io ero anche un po’ arrabbiata, lui arriva e mi dice “che ne dici se mollo tutto, tu molli tutto e riapriamo un ristorante?” la mia risposta “Te, sei scemo! Perché io c’ho 50 anni suonati, tu vai per i 60, le forze non sono più quelle di una volta” e lui “ma no, ma chi te l’ha detto, siamo ancora giovani, i nostri anni di adesso non sono come quelli di una volta” tanto che ha fatto, mi ha riconvinta e allora ho ricominciato [ride] e mi sono ritrovata di nuovo a spadellare.

Però la mia cucina, non è una cucina scolastica, io non ho imparato a scuola…. Ho imparato da zia Vittoria**, ra’ nonna ‘Ngiulin: da casa. Infatti, quando vengono a mangiare da me – non so se è un complimento o no – dicono “è come mangiare a casa, è come stare a casa. Io sto bene perché sto a casa”.

C: Sicuramente è un complimento!

E: Dicono “sento i sapori di casa”. Quello che metto nel piatto tu lo senti, non è un piatto con tanti fronzoli, non ci sono salsine: mangi quello che vedi nel piatto.

Una volta venne una napoletana a mangiare da me, feci uno spaghetto con le cozze. Venne in cucina e disse “Emì chiru spaghett sciuè sciuè cu r cozz era a fin ru munn”***… è una cavolata, è quello… No, disse “ad altre parti senti altri sapori che non c’entrano niente”. Lo stesso con le vongole… Ma pure, per dirti una cavolata: le verdure, non so, i broccoli, le bietole saltate in padella con uno spicchio d’aglio, due capperi e due olive, dicono “eh ma io così le verdure non le ho mai mangiate, però così le mangio volentieri e sono buonissime”. 

C: Puoi spiegare un po’ com’è nato “Il Viandante”? Da dove viene il nome, come avete avuto l’idea, come è stato deciso il tipo di cucina da proporre?

E: Allora, il Viandante, com’è nato… Abbiamo vagliato vari nomi, poi siamo arrivati al “Viandante” perché bene o male a casa mia so’ tutti viandanti [ride]: lo siamo stati noi come famiglia, Egidio col lavoro, Laura che è nata con la valigia in mano, Sara lo stesso. Poi caso vuole che dove c’è il ristorante era il refettorio di una pieve, quindi sono mura del 200 ed era il refettorio dei monaci minimi che ospitavano i viandanti della Via Francigena, perché il ristorante è in piena Via Francigena. E quindi abbiamo riprodotto proprio il logo del viandante della Via Francigena che si rifà anche al locale.  

Logo del Viandante – Visibile anche sulla pagina Facebook del locale

C: Pensi che c’è qualcosa del tuo lavoro precedente di Operatrice Socio Sanitaria che ti ha aiutata o che ti è servita anche nel nuovo lavoro?

E: Sicuramente sì: il rapporto con la gente, come approcciarsi. Perché prima io ero una che era stata bene o male in casa. Quindi, il fatto di aver lavorato 10 anni con persone tra virgolette “fragili” mi aiuta a capire meglio la persona che ho davanti. Adesso infatti me lo dicono “ma tu hai ancora qualcosa del tuo vecchio lavoro”. Molti dei clienti del Viandante sono pensionati, gente anziana. Come arrivano “Mi raccomando, portagli l’acqua”, “Egì aiutali a salire il gradino”… Tante piccole cose. C’è un cliente con una manualità molto debole, quando mi chiede una pasta con le cozze, con le vongole, con roba con gusci, io gliela sguscio… Sono cavolate… però…

C: Sì, piccoli accorgimenti che comunque migliorano anche il rapporto con chi viene a mangiare…

E: Assolutamente.

Spaghetto allo scoglio, un classico del Viandante – Foto by @Sara Torino

C: Quindi Egidio, anche lui procidano, è un altro motore importante del Viandante. Puoi spiegare un po’ come vi organizzate tra cucina e sala e come poi vengono fuori le conversazioni su Procida quando lui fa da intermediario con i clienti?

E: Allora, in cucina me la vedo io, con la sala se la vede lui. Lui mi dà una mano in cucina magari prima, tra pulire il pesce, cozze, ‘ste cose qua. Lui fa public relation. Come viene fuori Procida…. “Che origini avete?” Il nostro accento non è di Bolzano, quindi “Che origini avete?” “Siamo di Procida”. E allora si comincia a parlare di Procida, della cucina di Procida, Procida come isola, Procida-gente, com’è l’ambiente a Procida, come si sta a Procida. Purtroppo la nostra risposta è “Procida è bella da vacanzieri. Chi ha toccato la terraferma, non ritorna sull’isola”.

C: Confermo…

E: Sappiamo i perché, li sappiamo tutti.

C: Quali sono i piatti che suscitano maggiori curiosità e poi come vengono accolti i piatti di Procida?

E: Un piatto di Procida che faccio spesso e volentieri è il coniglio alla cacciatora. Loro qui hanno il coniglio alla ligure che è preparato in bianco con olive, pinoli… è diverso. Poi a La Spezia, essendo anche un porto di mare ed ex arsenale militare, molti (ma quasi la maggior parte) sono tutti di giù: napoletani, pugliesi, siciliani, calabresi… e nella mia cucina sentono anche i sapori della loro terra: si vede che non è una cucina del nord, lo notano subito.

Spaghetto al tonno fresco e pomodorini – Foto by @Sara Torino

C: C’è un piatto procidano che magari ti piacerebbe proporre sul menù, per cui però hai difficoltà a trovare gli ingredienti lì?

E: L’insalata di limoni, è quella in assoluto. Quando mi capita che mi arrivano limoni da Procida la metto sul menù, la propongo con l’aringa affumicata per dentro e viene apprezzata. Tanti vengono e me la chiedono proprio. Un altro piatto procidano che spesso e volentieri faccio sono le alici arrecanat****, con la menta, l’origano. Anche lì, quando ho le acciughe mi dicono “No Emì, non le voglio fritte, le voglio come le fai tu”.

C: Ho capito. Quindi ti arrivano magari limoni da Procida per poter fare qualche volta preparazioni con questo ingrediente?

E: Quando è periodo qualcosa mi arriva. Ora col lockdown non mi è arrivato niente quest’estate… Non ho fatto il limoncino, non ho fatto nien-te. Perché poi determinate cose le faccio con quegli ingredienti là. 

E un’altra cosa che mi chiedono spesso è la pastiera e io dico “no, se non ho le gocce che mi devono arrivare da giù, non ve la faccio. Perché altrimenti è una frittata” [ride].

C: L’espressione “amma cucenà” a cosa ti fa pensare?

E: Al fatto che stiamo insieme, chiacchierando, passando una serata “Ja vang a cucenà”***** facciamo uno spaghetto veloce e finiamo la serata insieme.

C: E invece l’espressione cuoc@ nostrom@?

E: Cuoc@ nostrom@ è il vecchio marinaio di bordo che faceva un po’ tutto, dalla coperta alla cucina. 

C: Qual è il tuo piatto procidano preferito e chi lo cucina meglio o chi lo cucinava meglio?

E: Vabbè il piatto procidano preferito… È un ricordo che… la salsa che faceva la nonna: la pasta col pomodoro che faceva nonna. Che poi, anche se la faceva mia mamma a casa della nonna, aveva quel sapore là. Poi la faceva a casa ed era diverso. Non so se tu te lo ricordi.

C: Sì, coi tortiglioni spesso lo serviva

E: I tortiglioni… Col sugo semplice… però aveva un sapore completamente diverso da tutte le altre parti.

C: È vero, è vero…. Io la ricordo anche associata a zia Mari’ la salsa così

E: Zia Mari’, a nonn… Sì, quella salsa là.. Era un sapore che ritrovarlo adesso, ma anche a casa…. Mangiavo un giorno da nonna, l’indomani mamma faceva la pasta, il giorno prima l’avava fatta a casa di nonna, era diversa! 

C: Sì, forse le pentole pure, chissà…

E: Io mi ricordo anche l’olio che usava nonna… Nonna non è che prendeva una bottiglia d’olio e la usava: faceva un miscuglio di tutti gli oli che aveva…. quello delle olive di Vivara…[ride]

C: Sì, sì, era una cosa abbastanza magica…

Secondo te può esserci qualche punto di contatto tra l’identità di Sarzana e quella procidana? Se sì, soprattutto in cucina, come potrebbero tradursi questi punti di contatto?

E: A Sarzana mangiano molti minestroni, minestre, torte di verdura… Sinceramente non ce ne trovo, è diversa come cucina, assolutamente diversa. Fai una torta di verdure a Sarzana, non è altro che una sfoglia sottile di acqua e farina, con le bietole e al limite con un goccio di ricotta, forse, e un po’ di parmigiano. Facciamo la pizza di verdure nostra, mettiamo ricotta, uova, parmigiano. Noi l’unica cosa che abbiamo di sole verdure è la pizza di scarole, che qua non conoscono proprio. Anche il minestrone che fanno qua, sì, è un minestrone, però sono verdure bollite e poi dopo ci mettono un cucchiaio di pesto.

C: l’unica cosa per insaporirlo un po’ insomma…

E: Sì [ride], per non parlare dei dolci… Lasciamo perdere [ride]

La cassata siciliana che Emilia propone spesso tra i dolci del Viandante – Foto by @Sara Torino

C: E se dovessi tipo proporre un piatto che potrebbe sintetizzare o accostare le due identità?

E: Qualcosa faccio. Abbino molto le loro verdure col pesce, oppure condisco con una puntina di pesto alla fine. Qualcosa sì, faccio comunque. Poi una sintesi proprio che ho fatto…. Allora, la Lunigiana è famosa per i testaroli, che non sono altro che acqua e farina messe su dei testi****** di ghisa e cotti sulla brace viva e qua li condiscono o col pesto, o con olio e parmigiano o con un ragù di funghi. Io li ho stravolti, faccio un tris di testaroli chiamato fantasie di mare (foto di copertina, by @Sara Torino): a volte ci metto sopra una genovese di polpo, una bagna verde che è un ragù verde di mare, una cosa tipica ligure – questa la faccio – e poi ci metto sopra uno “scoglio”, un sugo di acciughe,  un ragù di pesce di scoglio, quando loro li condiscono soltanto con olio, parmigiano, pesto e al limite funghi, proprio al limite.Questa è una cosa che io ho stravolto completamente. Però approvano! A me piace molto preparare i primi, quindi questo è anche un modo per far sentire più sapori, vari sughi, perché poi i testaroli non sono altro che una base come la pizza e la pasta, che ci puoi mettere qualsiasi cosa sopra.

C: Non li conosco, devo cercare poi per vedere come sono   

E: Sì, i testaroli. Ci sono i panigacci e i testaroli:  i panigacci sono fatti in testi di creta impilati gli uni sugli altri sempre sul fuoco vivo, che si mangiano appena fatti con salumi, poi al limite quelli del giorno dopo vengono passati un attimo in acqua bollente e conditi con questi sughi qua. Invece i testaroli sono grossi e sono fatti su testi di ghisa.

C: Un’altra domanda a cui secondo me già hai un po’ risposto: una figura dell’infanzia procidana a cui associ la cucina?

E: Vabbè le nonne… A nonna ‘Ngiulin, zia Mari’, mamma soprattutto. Dal lato della Starza******* no. Anche se mamma ha lavorato da zia Erminia che aveva il ristorante. Però zia Erminia per me era più la pescivendola, perché poi ha avuto la paranza, quindi più questo.

C: Un’espressione procidana alla quale sei affezionata o la prima che ti viene in mente, non necessariamente legata alla cucina?

E: Frienn magnann, forse…

C: E come la tradurresti?

E: Friggendo e mangiando, fare di fretta, fare due cose in contemporanea.

C: E invece l’espressione procidana che maggiormente usi in cucina, se ti capita?

E: Muovt******** [ride]

C:[rido] eh questa è ricorrente…

Passiamo alle ultime domande: se dovessi presentare il Viandante a una persona procidana per consigliarle di venire ad assaggiare i tuoi piatti cosa le diresti?

E: Allora, se vieni da me è come non esserti mossa da Procida, nel contempo ti faccio assaggiare cose che a Procida non mangeresti, che non fanno o che non conoscono, perché poi un po’ di cucina ligure la faccio.

C: E invece se dovessi consigliare il ristorante a una persona ligure?

E: Ti faccio sentire i sapori di Procida!

C: Ultima domanda che faccio sempre a tutti. Una canzone che associ a un momento di cucina, oppure di cena, di mangiare… ?

E: In cucina ho sempre la radio accesa, ascolto radio Capital, quindi canzoni degli anni ‘70, ‘80, cantautori… Adoro De André comunque, quindi mettine una qualsiasi di De André…

C: La prima che ti viene in mente di De André?

E: Metti Crêuza de mä, genovese.. 

(Per chi vuole sapere qualcosa in più del Viandante, può visitare il sito del ristorante e seguire la pagina facebook.)

Intervista realizzata in videochiamata Lille-Sarzana l’ 11 novembre 2020

Fezzano*: frazione del comune di Porto Venere, in provincia di La Spezia.

Zia Vittoria**: la mamma di Emilia. Emilia è mia cugina, figlia del fratello di mio padre. Definisce Zia Vittoria sua mamma perché sono io (nipote) l’interlocutrice.

Emì chiru spaghett sciuè sciuè cu r cozz era a fin ru munn”***: Emilia, quello spaghetto al volo con le cozze era la fine del mondo (era delizioso).

Alici arrecanat****: piatto povero della cucina napoletana e procidana (dette alici arreganate o arraganate). Il termine “arrecanate” viene dalla grande quantità di origano utilizzata in questa ricetta.

“Ja vang a cucenà”*****: Dai, vado a cucinare.

Dei testi******: pentole composte da una base e un coperchio, utilizzati per la cottura degli alimenti fuori fuoco. Si tratta di un recipiente che rispecchia l’antica tradizione lunigianese. I testi di ghisa restituiscono agli alimenti l’antico sapore e il profumo tradizionale della cucina lunigianese e sono molto indicati per la preparazione del testarolo e delle torte di verdura. (fonte fratellideneri.com)

Starza*******: La Starza è un quartiere di Procida, che va più o meno dalla Madonna della Libera (SS. Annunziata) all’ingresso di via Faro. Qui la Starza è citata in confronto con Solchiaro, zona della nonna paterna citata da Emilia (a nonna ‘Ngiulin).

Muovt********: Sbrigati

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