cena vigilia di natale amma cucenà

La cena della vigilia in una casa procidana

“Amma cucenà” è un imperativo ancora più categorico durante le feste di Natale. Le due parole diventano quasi un intercalare nelle conversazioni di tutti, soprattutto delle persone addette di solito ai fornelli di casa. 

Non è raro, poi, imbattersi in domande del tipo “e spuniet u baccalà” (hai messo il baccalà in ammollo)?

baccalà spugnato
Baccalà pronto per infarinatura e frittura – Foto by @Cucenellista

“e fatt a pizz r scarol”? (hai preparato la pizza di scarole?) “e ccattet u capton? Viv o muort” (hai comprato il capitone? Vivo o morto?) “E’ rrestut u capton? C’e mis a foglia r’alevn” (“hai arrostito il captone, ci hai messo la foglia di alloro?”) , “e fett i struffol?” (“hai fatto gli struffoli?”).  Lo avrete capito, il baccalà, il capitone, la pizza di scarole, gli struffoli e compagnia sono elementi praticamente immancabili sulle tavole della vigilia di Natale a Procida.

Infarinatura del baccalà – Foto by @Cucenellista

Ho chiesto a mio padre com’era la cena della vigilia a casa sua a Solchiaro tanti anni fa. Si cominciava sempre con un assaggio di “past egghie e uogghie” (pasta, solitamente spaghetti, aglio e olio). Poi c’era spesso una seconda pasta, con cecaredde (canocchie) o con altri elementi di mare.

Past cu r cecaredd – Foto by @Cucenellista

Mio padre ricorda pescatori che andavano a vendere sporte di cecaredde porta a porta a Solchiaro soprattutto nel periodo di Natale.

Come secondo, poi, c’era la frittura o la zuppa di pesce, il capitone arrostito, il baccalà fritto e si finiva con la pizza di scarole.

Pizz r scarol – Foto by @Cucenellista

Mio padre e i suoi zii  “ievn a mmare” (andavano a pesca sulle lampare) e provvedevano loro al capitone: gli armatori delle barche su cui lavoravano, andavano a Pozzuoli dove vendevano il pescato al mercato durante l’anno ed erano soliti ricevere in regalo, prima di Natale, gamberi e capitoni dai rigattieri puteolani.

Quando questi regali ittici arrivavano sulla banchina, gli armatori facevano le razioni per tutti i membri dell’equipaggio, di cui facevano parte mio padre e zii. 

I capitoni, poi, una volta portati trionfalmente tra le mura domestiche, venivano messi in bacinelle con l’acqua. Le donne di casa si armavano di pazienza e strategia per acciuffarli, poi provvedevano ad ammazzarli e arrostirli, insaporendoli con una foglia di lauro a fine cottura. Se avanzavano capitoni vivi, si buttavano nella cisterna dell’acqua piovana: questi particolari pesci natalizi mangiavano gli insetti in modo da mantenere l’acqua pulita.

Il capitone, la vigilia di Natale è immancabile su gran parte delle tavole di tutta la Campania. Ricordo la scena del film “Il mistero di Bellavista” ambientato a Napoli, in cui c’era un reclamo riguardo alla vendita di possibili capitoni telecomandati.

Scena tratta dal film “Il mistero di Bellavista” scritto e diretto da Luciano De Crescenzo (1985)

Ma torniamo a Solchiaro, a tanti anni fa. La cena della vigilia, si concludeva con frutta secca e frutta fresca a volontà, roccocò*, mustacciuoli** e una piramide di struffoli*** che troneggiava sulla tavola per tutte le feste.

Baccalà fritto – Foto by @Cucenellista

Mia madre, anche lei di Solchiaro, riguardo alla frutta secca, ricorda soprattutto “r nucedd” (le nocciole) regalate la sera di Natale. Ogni bambino ne riceveva 10 o 15. Si organizzava poi “a foss” (la fossa), un gioco per vincerne ancora di più. Si scavava un buco nel terreno e si stabiliva una distanza da cui si tiravano r nucedd. Si faceva una conta e si decideva chi era il primo a tirare. Le nocciole venivano colpite con le dita – l’indice spingeva il pollice. Questa tecnica di lancio veniva definita “disic” (i bambini dicevano “amma ddisicà”). 

Tecnica “risic” – Foto by @Cucenellista

Durante tutto il periodo di Natale, nei ricordi di fine anni ‘50 di mia madre, i bambini della zona facevano questo gioco con le nocciole, talvolta anche litigando.    

Per la vigilia di quest’anno, a casa dei miei a Procida il grande assente sulla tavola è il capitone, che a mia madre non piace. Non ci siamo fatti mancare, però, né pasta con le cecaredde, né baccalà fritto, né pizza di scarole.

In primo piano, i roccocò. Gli struffoli sono sullo sfondo e si può notare un mustacciuolo al centro della foto – Foto by @Cucenellista

Anche noi, come i nostri antenati, abbiamo concluso la cena mangiando frutta secca, struffoli, roccocò e mustacciuoli, ma senza giocare alla foss. 

*Roccocò: I roccocò sono dei dolci secchi della pasticceria napoletana, fatti con farina, mandorle o nocciole, zucchero, canditi e un miscuglio di spezie. Il roccocò è cotto al forno e ha una forma tondeggiante simile a quella di una ciambella schiacciata. Il nome roccocò deriva dal termine francese rocaille (pietra utilizzata insieme a conchiglie per costruire decorazioni di giardino).

**Mustacciuoli: I mustacciuoli (o mostaccioli) sono dolci tipici della tradizione napoletana. I mustacciuolili hanno una forma romboidale e sono ricoperti di una glassa di cioccolato, mentre all’interno sono caratterizzati da una pasta morbida dal sapore di miele e frutta candita.

***Struffoli: Gli struffoli sono dolci tipici del periodo natalizio della gastronomia meridionale, principalmente napoletana.  Il dolce è composto da piccole palline di pasta (realizzata con uova, farina, strutto, zucchero, un pizzico di sale e liquore) fritte nell’olio, avvolte in miele caldo una volta raffreddate e disposte a piramide su un piatto da portata. La piramide viene poi decorata con pezzetti di cedro e altri canditi, e con confettini colorati.

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