Tra i pesci emblematici dell’isola di Procida, troviamo sicuramente le alici. Si tratta del pesce più reperibile del territorio. Comprate, regalate o oggetto di scambi e baratti, le alici non mancano quasi mai nelle case procidane.
Mio padre, esperto conoscitore della preparazione delle alici sotto sale, ad esempio, qualche anno fa le riceveva spesso dal suo cumpariedd* di Cresima in cambio di ortaggi. Si trattava di scambi in cui entrambe le parti erano contente: mio padre, che già allora, da anni, non andava più a pesca, poteva apprezzare il pesce fresco e dilettarsi nella salatura delle alici appresa da ragazzo con uno zio materno. Il cumparieddo, dal canto suo, era felice di ricevere prodotti freschi di stagione a chilometro zero. Possiamo quindi concludere che lo scambio tra i due non era del tipo “Sagghien coten e scennen prsotte”**.
Il cumpariedd si ritrovava spesso con chili e chili di alici perché era pescatore sulle cianciole*** della Corricella.
Per mettersi d’accordo con mio padre e decidere insieme il momento dello scambio alici-ortaggi, l’uomo telefonava sul fisso di casa e imbattendosi nella voce di mia madre, si presentava con una sorta di affettuoso scioglilingua “Bongiorn cummà, so’ u cumpar u cumpar ‘nc sta?”****. Il cumpariedd introduceva così il suo invito ai miei a passare da casa sua alla Corricella per prendere le alici. L’appuntamento doveva essere preso in giornata, perché le alici dovevano essere freschissime, soprattutto se si voleva farle sotto sale. Tornato a casa col pescato dopo questa sorta di moderno “cala cala”, mio padre poteva finalmente dare il via alla laboriosa preparazione della salatura.
La salatura era un tempo (e lo è ancora) soprattutto un processo di conservazione di questo pesce, visto che viene pescato sempre in quantità abbondanti, soprattutto in primavera e in estate. Va aggiunto, poi, che si tratta di un pesce con una bassissima capacità di conservazione.
Preparazione
Prendere le alici e lavarle con abbondante acqua in un recipiente (una zuppiera capiente o una bacinella). Scolarle, staccare la testa facendo attenzione a lasciare le interiora, togliere solo quelle che vengono via con lo strappo.
Lasciarle poi riposare nel recipiente per 24 ore con l’aggiunta di poco sale (sale marino doppio), mescolandole almeno una volta in modo da distribuire il sale su tutte le alici.
Passate le 24 ore, munirsi di un vasetto di coccio e coprirne il fondo con uno strato di sale marino doppio. Adagiare le alici nel vasetto facendo degli strati: in base alla grandezza, fare 2 o 3 strati di alici e uno strato di sale. Le alici dovranno essere disposte testa e coda, testa e coda.
Arrivati a metà vasetto, fare anche una spolverata di pepe nero. Continuare a riempire il vasetto, sempre con lo stesso procedimento. Una volta arrivati all’ultimo strato, fare un’altra spolverata di pepe.
Coprire il tutto con uno strato orizzontale di strisce di canne di bambù, coperte poi da altre due o tre strisce (sempre di canna di bambù) disposte a croce.
Per ultimo, adagiare sulle canne una pietra abbastanza pesante da pressarle, preferibilmente una pietra lavica (a vreccia). Le alici devono essere sempre coperte dalla salamoia. Per la conservazione, lasciarle nel punto più caldo della casa. Coprire il vasetto con una pellicola. In genere, in base anche al clima, le alici sono pronte dopo 3 mesi da questo processo. Regolarsi con la seguente tendenza: quelle salate ad aprile saranno pronte a luglio, mentre quelle salate d’estate (verso giugno, ad esempio) saranno pronte a novembre e per le feste di Natale.
Non esitare ad annusarle, l’odore non mente mai. Le alici devono essere monitorate in modo costante: bisogna stare soprattutto attenti a non farle mai seccare.
Quando le alici sono salate al punto giusto, il vasetto deve essere lasciato nel posto più fresco della casa (ma non in frigo) e la pietra per fare pressione può essere tolta.
Per mangiarle, scostare le strisce di canna, togliere le alici che si desidera consumare. Lavarle in abbondante acqua e scolarle, togliendo questa volta anche le interiora. Ripetere questo lavaggio per due o tre volte. Scolarle e bagnarle con un po’ d’aceto (senza coprirle). Lasciarle una mezz’oretta con l’aceto, dopodiché strizzarle leggermente. Coprirle di olio EVO (c’è anche chi le apprezza col burro).
A questo punto le alici possono essere consumate a piacimento: o come condimento per pasta, pizza di scarole, pizza al pomodoro, insalata. Oppure possono essere degustate semplicemente come antipasto su una fetta di pane. Buon appetito!
..Alic!… Alic!….
‘St’uocchie tuoje so’ ddoje curnic,
si saglio ‘ncoppa mammeta che me ric?
Saglie… saglie… ca sì ‘o patrone d’ ‘a casa! (si esclama tra una nota e l’altra della ‘”Ndrezzata”*****,
…Alici!…Alici!…
I tuoi occhi sono due cornici,
se salgo da te cosa mi dice tua madre?
Sali… sali… che tanto sei il padrone di casa!
Cumpariedd*: si tratta del figlioccio della Cresima
“Sagghien coten e scennen prsotte”** : letteralmente “Salgono cotiche e scendono prosciutti”. Chi regala cotiche fa un regalo meno pregiato e se in cambio riceve prosciutti, più pregiati, è avvantaggiato nello scambio.
Cianciole***: pescherecci adibiti alla pesca del pesce azzurro)
“Bongiorn cummà, so’ u cumpar u cumpar ‘nc sta?”**** : “Buongiorno comare, sono il compare, non c’è il compare?”. Il cumpariedd si rivolgeva a mia madre portandola al pari rango del compare suo marito. Mio padre, padrino di Cresima, era definito compare. Mia madre, in quanto sposa del compare, era definita comare (madrina in un certo senso).
“Ndrezzata”***** : Nel dialetto ischitano, vuol dire “intrecciata”. Si tratta di un rituale recitato e cantato nel corso di una danza con spade e bastoni (i mazzarielli) a Buonopane nel giorno di pasquetta, in occasione della festa del Santo Patrono Giovanni della IB S.A., oppure in altre occasioni speciali. Buonopane è una frazione del comune di Barano d’Ischia.
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