Tanti anni fa i lupini accompagnavano la colazione dei braccianti sull’isola oppure le soste in cui si consumava vino. Negli angoli delle cantine procidane, infatti, non era cosa rara scorgere un tinello (u teniedd) pieno di lupini.
Si era soliti trovarli anche sulle bancarelle, alle feste di paese. Quando mio padre era piccolo, negli anni ‘40, i venditori delle bancarelle li versavano in coppi di carta gialla. Nei miei ricordi di bambina degli anni ‘80, invece, i lupini erano disposti in piramidi di bicchieri di plastica su cui scorrevano piccole cascate di acqua e sale. Non c’era Sagra del Mare a Procida che non fosse accompagnata da un bicchiere pieno dei ghiotti bottoncini gialli.
Nei ricordi di mio padre, il lupino veniva usato anche come elemento di votazione nell’elezione del Priore e dei suoi assistenti nella Congregazione dei Turchini*. A ogni confratello, venivano consegnati tanti lupini e tante fave corrispondenti al numero dei candidati. Chi era d’accordo con l’elezione di un candidato metteva una fava nell’urna. Chi invece era contrario, vi lasciava cadere un lupino. Lo scrutinio era molto semplice: si svuotavano i sacchetti (urne) corrispondenti ai candidati sul tavolo e si contavano le fave e i lupini per sapere se il confratello candidato aveva vinto o meno le elezioni.
Il lupino è un legume facile da coltivare. In genere si pianta in autunno, a ottobre inoltrato o novembre. La pianta, di media altezza, presenta anche dei bei fiori, un po’ simili al glicine. Il frutto, però non spunta dal fiore, ma dai piccoli rametti che circondano la pianta. Quando non sono ancora pronti per la raccolta, i baccelli sono verdi. La pianta, poi, si secca, facendo seccare anche i baccelli: a quel punto, si può procedere alla raccolta.
Il baccello secco è pronto a essere colto quando, squotendolo, fa rumore (“son“). In genere, questo avviene a luglio inoltrato.
Una volta raccolti, i baccelli si svuotano e i lupini sono pronti alla preparazione.
A Procida, in casa, l’esperto di lupini è da sempre mio padre. Un tempo, prima di intraprendere una lunga carriera di marittimo, mio padre aveva un microtaxi (la tipica motoretta) e accompagnava i commercianti all’ingrosso a comprare ortaggi nei campi procidani. Mentre i commercianti erano dediti alla scelta delle verdure negli orti, lui si fermava a parlare con le contadine che spesso erano affaccendate nella preparazione dei lupini. Mio padre aveva quindi il privilegio di osservare queste signore dedite alla cottura e al condimento dei lupini e loro erano orgogliose di condividere con lui tutti i segreti delle tappe dell’insaporimento del prelibato legume.
“Il lupino Franchino”, per storia e qualità, meriterebbe quindi un marchio di denominazione di origine protetta ed è sempre apprezzatissmo in tutti gli eventi in cui mi capita di condividerlo con amici e parenti.
Ventuliata di lupini
La ventuliata di lupini è una fase importante della preparazione di questo legume. I lupini appena raccolti presentano residui di pagliuzza. Per poterli pulire, ci si mette in un posto relativamente ventilato, si prendono due recipienti, uno vuoto, e l’altro pieno di lupini. Ogni volta che si alza il vento, i lupini vengono lanciati in aria, verso il recipiente vuoto: i lupini, più pesanti della paglia, cadono nel recipiente e la paglia viene portata via dal vento.
Non so se il termine “ventuliata” associato ai lupini esiste nel linguaggio corrente procidano, ma mio padre chiama così il procedimento descritto e secondo me l’espressione rende bene l’idea dell’importanza del vento.
Procedimento
I lupini, all’uscita del baccello e dopo la pulizia, si presentano secchi. Quelli che si devono consumare si lavano un paio di volte con acqua fresca. Dopo il lavaggio, vengono lasciati a bagno per circa 24 ore. Durante questa fase, si consiglia di cambiare l’acqua almeno 2 volte. Si fa, poi, un ultimo risciacquo con acqua fresca prima di avviare la cottura.
La cottura
Prendere una pentola alta e disporvi i lupini con abbondante acqua (importante: non aggiungere sale). Portare a ebollizione e lasciar bollire per 3 quarti d’ora circa. Spegnere la pentola e lasciar raffreddare i lupini nella stessa acqua. Togliere tutta l’acqua, lavarli di nuovo con acqua fredda. A questo punto, aggiungere acqua e sale (sale grosso marino). Proporzioni: all’inizio, 100 grammi di sale per ogni litro d’acqua. Aspettare un giorno, sciacquarli, cambiare l’acqua e aggiungere di nuovo il sale, in proporzioni minori rispetto alla prima aggiunta (10-5% di sale rispetto all’acqua). Ripetere questa operazione almeno per tre giorni. Il quarto giorno i lupini sono pronti per essere consumati.
Per conservarli, lasciarli in un luogo fresco e ripetere l’operazione descritta, anche con meno frequenza.
*La Congregazione dell’Immacolata dei Turchini è un’aggregazione laicale religiosa, appartenente al gruppo delle Confraternite, approvata dall’Autorità Religiosa, riconosciuta dallo Stato Italiano e iscritta nel Registro delle Persone Giuridiche con il titolo di Ente Pubblico per il Culto. Oggi conta circa 150 iscritti, governati da un Consiglio di Amministrazione o Governo, eletto ogni tre anni, che è composto da un Priore, che assume la rappresentanza legale, un Fiscale, il Tesoriere e il Segretario. La Congregazione dell’Immacolata dei Turchini, oltre le attività statutarie, dà largo spazio ad attività di carattere culturale, molto apprezzate dai cittadini dell’Isola e dai numerosi turisti che la visitano. fonte: Congregadeiturchini.it
I lupini di Franchino sono speciali!!!!!
Bellissima idea di condividere la ricetta!!!!
Grazie, riferirò 😉 ! Eh si è una ricetta da divulgare!
?