Risotto con borragine e mazzancolle, partito da tante Roma senza mare e dai che ce tocca fa’ pe’ campà

A Roma non c’è il mare e io, un tempo, non sapevo come fossero le città orfane di una cosa tanto bella e necessaria come il mare, non riuscivo a  immaginarle. Pure i treni dell’epoca mi ingannavano sulla presenza costante di distese d’acqua infinite quasi ovunque. Possibile che esistano posti senza mare?  Mi dicevo. Esistono eccome, ci si deve solo abituare e trovare un modo per starci dentro, per immaginare il perdersi d’occhio e la vastezza che possono scaturire solo dall’idea di azzurro piatto o ondulato e costellato qua e là di spruzzi bianchi e piroette di gabbiani.

Mare procidano - Amma cucenà
Mare procidano versione invernale visto da Punta Solchiaro – Foto by @Cucenellista

Pensare a un dio che forse esiste anche quando l’acqua è confinata se si è orfani di mare. 

Roma Tiburtina, Roma Casilina, Roma Trastevere, Roma Termini, Roma San Pietro ma quante Rome esistono? Quante? Quante Rome ci stanno sulla faccia della terra?

Tutte le strade portano a Roma e una sola può portare a tutte le Rome che includevano quella dove si scendeva a Roma Tiburtina per andarci. È una strada di cucina, un vialone disseminato di ciottoli sberluccicanti di croste di crostacei, il ricordo di un antenato senza figli da crescere belli con mazze e panelle, uno zio non direttamente mio, ma di mia madre.

Lui non era uno di quelli che venivano dall’America a elargire doni e cioccolate, ma una sera ci accolse col profumo delle mazzancolle arrostite su una brace di fortuna, in un alloggio di fortuna, nel suo posto di lavoro pure quello di fortuna. “Fortuna ad avercela uno straccio di fatica” ci diceva tra il romano e il ventotenese stretto “perché ce paghi le marchette”, che volevano dire contributi per la pensione, ci raccontava lui a mo’ di favoletta quando eravamo ancora piccoli per sapere di lavoro e pane da sudare. Lavorare per noi era soprattutto associato a papà che stava su una nave in mezzo al mare e quella era una tappa per andare a passare qualche vacanza con lui a Civitavecchia. Lavorare, aimé, non lo associavamo ancora alle fatiche di Ercole materne non remunerate.

Napoli Centrale, Gianturco, Aversa, Formia, Latina e poi tante rome. 

Roma Tiburtina, Roma Casilina, Roma Caput Mundi, Roma ladrona, Roma amor al contrario, l’altro risvolto o il contrario dell’amore, ma tutte le strade non dovevano portare a Roma? I proverbi e la loro sovversione dalla vita, il ricordo del mio primo viaggio a Roma e della scoperta di tutte quelle rome ferroviarie e arrugginite, promesse di un’eternità che non esiste.  

Roma - Amma cucenà
Roma (maggio 2017) – Foto by @Cucenellista

Il ricordo è vago, di primavera o estate, ma i colori e gli odori sono vivi: un rettilario da visitare in zona Roma Tiburtina, un garage dove lo zio di mia madre faceva la guardia alle macchine di giorno e di notte e dove aveva una specie di stanzetta cubica con tante porte che affacciavano sulle automobili – tante automobili, di tutti i tipi e tonalità – e dove dentro ci stava un divano che si apriva e diventava letto, come i sedili degli intercity che prendevamo di notte, che si stendevano e si univano per farci dormire sopra. 

Un’altra reminiscenza ancora più sbiadita, ma sicura, che ricollego a questa,  mi riporta ogni tanto in un altro garage, nel novembre dell’Ottanta, a quando non avevo ancora due anni. “Ma come fai a ricordare?” mi dice ogni volta mia madre quando parlo di quell’episodio. Boh, forse il ricordo è un po’ mio, forse è stato ricostruito anche con i pezzi dei ricordi di tutti quanti sparsi qua e là per la mia testa. Credo che uscimmo tutti di casa, ci rifugiammo nelle macchine, andammo nei garage. Precarietà solo accennata, un cuore in un corpicino di bambina che sento ancora battere. Dallo zio di Roma Tiburtina collegai quel garage antico da terremoto dell’80 di precarietà assaggiata a quello dall’odore delle mazzancolle arrostite. Rattoppai insieme quell’autunno a quell’altra primavera o estate, le macchine da un’epoca all’altra legate tra di loro da un filo senza barattoli per festeggiare matrimoni. Una festa più importante di qualsiasi matrimonio, battesimo, compleanno fu rivedere il mare, dopo le mazzancolle e la notte di garage romano e dopo il rettilario. Il mare, all’improvviso dopo l’asfalto, i monumenti e i pini di tutte quelle Rome soffocanti, verso Civitavecchia e la petroliera del momento dove stava papà. 

Rattoppo oggi le precarietà. La precarietà di allora, le precarietà di adesso, i lavori apparentemente non forzati che ci portano in città da dove non si vede il mare o su navi da dove si vede troppo mare e il miraggio di una pensione che ci riporti a camminare sul bagnasciuga ogni giorno alle sei del mattino d’estate o d’inverno, vicino a un mare misurato, quando non fa ancora troppo freddo.

Rattoppo tutto con la borragine spontanea, il riso, le mazzancolle. Borrar in spagnolo significa cancellare, allora questo è anche un piatto di cancellazione, borro dal cuore i dolorini, le fitte, le fregature, le fritture e tutto quello che fa male della vita impiegatizia e poi lo ridisegno: annullamento momentaneo del pensiero delle fatiche quotidiane e mantenimento del ricordo di uno zio non di america e lavoratore a oltranza nel custodire le automobili in pausa dai traffici romani.

Il risotto con borragine e mazzancolle è una pietanza in onore del checetoccafapecampà: ci tocca stare sotto – le strade asfaltate, le gerarchie disumane – ci tocca stare sopra i sogni, sorvolarli, cercare di non farli rovinare. Ma soprattutto ci tocca mantenerci lontani dal mare e sperare, prima o poi, di tornare a respirarlo nello scorrere di giorni, dopo aver fatto i conti con tutte le morti, reali o di noia, degli antenati sul lavoro. Ma per fare tornare tutti i conti ci saranno altre storie.

Intanto, mazzancolle, borragine e ricordi.   

Borragine - Amma cucenà
Borragine (i fiori solo violacei, non presenti sulla foto) – Foto by @Cucenellista

La borragine è un’erba spontanea, che a Procida cresce dall’inverno fino alla primavera inoltrata (in questo periodo è piuttosto spinosa e non si può mangiare) e ha varie proprietà nutritive: è considerata un antinfiammatorio e oltre a proteggere il sistema cardiovascolare, riequilibra il sistema ormonale femminile. Una curiosità: il nome “borragine” deriva dal latino “burra” che vuol dire lana grezza, come a indicare la peluria che caratterizza le foglie. In antichità alla borragine veniva associata la capacità di allontanare la malinconia e per i Greci e i Romani era simbolo di coraggio*. 

Ingredienti per 4 persone

Per il brodino di cicarelle

  • 5-6 pomodorini 
  • Uno/due spicchi d’aglio
  • 300 gr di cicarelle
  • Acqua
  • Un ciuffetto di prezzemolo

Per il risotto

  • 4 tazzotti di riso carnaroli
  • Un fascio di borragine
  • 500 gr di mazzancolle
  • Mezzo bicchiere di vino bianco
  • Olio EVO, il fondo di una pentola (per il risotto io uso il wok)
  • Uno spicchio d’aglio
  • Sale q.b.
  • Pepe q.b.

Procedimento

Innanzitutto preparate il brodino: dopo averle sciacquate, disponete le canocchie intere in una pentola e fatele saltare 3-4 minuti a fuoco lento fino a quando non diventano rosacee. Fatele raffreddare e sgusciatele. Separate la polpa dai gusci e le teste che andranno conservati. Mettete gusci e teste in una pentola media piena d’acqua (il necessario per preparare un brodino), aggiungete 5-6 pomodorini, uno spicchio d’aglio, un po’ di prezzemolo e un pizzico di sale. Lasciate il tutto sul fuoco a fiamma bassa per almeno un’ora.

Mazzancolle - Amma cucenà
Mazzancolle – Foto by @Cucenellista

Cuocete le mazzancolle per qualche minuto in una pentola senz’acqua. Lasciatele raffreddare e sgusciatele. In una pentola bella larga e un po’ alta (evitare quelle d’acciaio, oppure, se la pentola è d’acciaio, deve avere un fondo spesso), fate soffriggere uno spicchio d’aglio nell’olio EVO molto lentamente. Importante: sia olio che aglio devono essere aggiunti nella pentola a freddo, poi bisogna accendere per soffriggere. Mettete la metà del fascio di borragine (le foglie i rametti devono essere tagliuzzati finemente)  nell’olio con l’aglio, e saltate la verdura per qualche minuto. Aggiungete qualche mazzancolla. Se non gradito, togliete l’aglio. A questo punto, alzate la fiamma e aggiungete il riso per la tostatura (c’è chi la effettua senza il soffritto/sughetto, ma io preferisco effettuarla come segue). La tostatura è la parte più importante per la buona riuscita del risotto: ben fatta, garantisce croccantezza e cremosità al piatto. Durante la tostatura, da far durare 3-4 minuti, mescolate continuamente, fino a quando i chicchi non diventano traslucidi. A questo punto, può avere inizio la sfumatura: aggiungete il mezzo bicchiere di vino bianco, mantenendo la fiamma sempre bella viva. Smettete di mescolare, il tempo che il vino evapori. Dopo la sfumatura, aggiungete la seconda parte del fascio di borragine, lasciando ancora qualche fogliolina da parte. Aggiungete anche il sale. A questo punto, procedete con l’aggiunta di un mestolo di brodo (sempre tenuto in caldo) ogni volta che il riso si secca. In genere, il riso si secca e va inumidito costantemente per circa 20-30 minuti, fino a quando non risulterà ben cotto. M’arraccumann, il risotto va girato sempre, sinò s’azzecc sott. Aggiungete le ultime foglioline di borragine e le mazzancolle a fine cottura. Quando il riso è cotto, al dente, compatto, fate una bella spolverata di pepe, spegnete la pentola, impiattate, e decorate ogni piatto con qualche fogliolina di prezzemolo.

La colonna sonora di questo post è Ao longe o mar dei Madredeus, inserito nell’album O Espírito da Paz del 1994. Il brano fa parte anche della colonna sonora del documentario francese del 1995 1995: Les Açores de Madredeus

*Fonte: https://www.finedininglovers.it/articolo/borragine-cose-benefici-come-cucinarla

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